UN ATTACCO ALLA DEMOCRAZIA

Un assassinio scientifico, un'impresa criminale studiata a tavolino ed
attuata con professionale freddezza, un gesto barbaro destinato a
distogliere l'attenzione dai temi cruciali dell'attuale dibattito politico,
un attacco alla libertà mentre in nome della lotta al terrorismo se ne
vogliono restringere gli spazi, un attentato contro la democrazia nel
momento in cui si trova esposta a seri rischi di affievolimento, una
operazione sanguinaria per sbarrare la strada, questa volta, non a
compromessi o intese ma al conflitto e alla protesta sociale, un atto contro
il sindacato ed i movimenti di dissenso e di nuovo protagonismo civile:
questo, a ben guardare, è il profilo politico dell'omicidio di Marco Biagi,
docente universitario di diritto del lavoro e consulente del Ministro del
Welfare. Un profilo oggettivamente disegnato dal ruolo che in questo momento
è in grado di svolgere l'efferato omicidio anche se non fosse, questo
profilo, l'esatta proiezione delle intenzioni degli autori del crimine e dei
suoi mandanti.

Mentre sul piano giudiziario, rinunciando ad imprudenti anticipazioni di
giudizio, va espresso l'auspicio che questa volta, con più fortuna rispetto
al caso D'Antona, investigatori e giudici facciano rapidamente luce sulla
natura del delitto e su tutti gli elementi che lo caratterizzano, sul
versante politico è necessario chiedersi non a chi l'attentato potrebbe
giovare, secondo la logora logica degli opposti estremismi, ma quale
funzione esso può svolgere se riguardato nell'ottica settaria e fuorviante
di alcune voci che contano fra le quali fa spicco quella del Presidente
della Confindustria D'Amato il quale, in ruvida polemica con i sindacati
sulla questione dell'articolo 18, ha detto che "seminare odio invece che
idee genera queste situazioni" aggiungendo di considerarle la conseguenza
"di un clima di odio e di una campagna di denigrazione che ha avuto una
escalation molto forte nelle ultime settimane".  E sì, perché secondo la
logica di D'Amato, lui e gli amici che lo seguono sulla via dei
licenziamenti facili e dell'abbattimento dello Stato sociale seminerebbero
idee ovviamente "giuste" mentre chi a questa operazione si oppone
seminerebbe odio e favorirebbe il terrorismo: una demonizzazione del
dissenso ed una concezione della democrazia che fanno davvero paura e vanno
respinte con ogni determinazione e fermezza.

A D'Amato ed ai suoi amici va ricordato che la democrazia è pluralismo di
idee e di opzioni; che il pluralismo implica il dissenso; che il dissenso
comporta il confronto il quale, quando verte su temi di rilievo generale, ha
per sede privilegiata l'intero Paese e per protagonisti tutti i lavoratori
ed i cittadini; che il confronto diviene una trappola se, perdurando il
dissenso, impone ad una delle parti l'abbandono di assunti ritenuti
irrinunciabili o pregiudizialmente esclude un esito di conflitto sociale
pacificamente gestito nel pieno rispetto della legalità democratica.

D'Amato ha detto anche che "siamo di fronte ad una morte annunciata"
riferendosi, è da ritenere, alla relazione con la quale qualche giorno
addietro i servizi segreti segnalavano la possibilità di atti terroristici
contro i protagonisti della vertenza in materia di mercato del lavoro e
anche contro i loro collaboratori ed i loro tecnici. Se questo è il senso
dell'affermazione del presidente degli industriali, si può concordare con
lui sul punto ma vanno poste al governo alcune domande: chi ha annunciato, e
quindi sapeva, perché non ha fermato la mano omicida, almeno col ripristino
di scorte e vigilanze? Forse perché l'autore dell'annuncio diceva di sapere
mentre in realtà ignorava o non sapeva abbastanza? Forse perché non è stato
creduto o per qualche altra ragione che sfugge? Il Paese ha diritto a
risposte precise e convincenti ben oltre le fumose e parziali notizie finora
ufficialmente fornite.

"Vi batteremo con un sorriso": è lo slogan col quale la CGIL voleva
caratterizzare la grande manifestazione di protesta del 23 marzo e lo
sciopero generale. Il sorriso oggi si spegne per il lutto e lo sdegno
provocato dall'assassinio di Biagi ma le iniziative in programma ne
conservano lo spirito e si caricano di motivazioni ideali e sociali più
profonde e più forti in difesa dei diritti e della democrazia. La risposta
dei lavoratori e del mondo sindacale è stata infatti responsabile e
all'altezza della situazione: alla manifestazione indetta dalla CGIL per
sabato prossimo si aggiunge così quella contro la violenza ed il terrorismo
promossa dai tre maggiori sindacati e lo sciopero generale diviene unitario.

Brindisi, 20 mar. 02

Michele DI SCHIENA