PREOCCUPAZIONE “INFINITA”
L’hanno
chiamata “giustizia infinita” l’operazione di guerra contro il terrorismo
intrapresa dagli Stati Uniti con l’invio di centinaia di aerei da
bombardamento nel Golfo Persico. E’ una operazione che si sa da dove
viene, e cioè dal centro del potere politico-militare americano, ma non si sa
dove va, come fa temere l’aggettivo “infinita” che, aggiunto alla parola
“giustizia”, la qualifica per una vastità spaziale e temporale senza
limiti, per una pervasività che può fare innumerevoli vittime innocenti ed
accrescere (come sta già avvenendo in Afghanistan) la miseria e la disperazione
di popoli interi, per una intensità che non esclude l’impiego di strumenti
terribili di morte e di devastazione ambientale e per una indeterminatezza che
si sottrae ad ogni controllo e che può consentire (come è stato candidamente
detto in sedi autorevoli) attività “sporche” dei servizi segreti fatte di
destabilizzazioni, complotti, attentati, colpi di stato, uccisioni.
Ma
se l’aggettivo preoccupa, il sostantivo allarma perché non ci sono, almeno
per ora, risposte convincenti e rassicuranti alla domanda di quale giustizia si
tratti. Una domanda alla quale non si può non rispondere considerando il
quesito un lusso non consentito di fronte alla efferatezza delle aggressioni
terroristiche. E nemmeno si dovrebbe rispondere identificando la giustizia con
le proprie ragioni, per quanto valide, e con la propria forza, per quanto posta
al servizio di quelle ragioni, senza indicare di questa giustizia i contenuti,
gli strumenti e gli obiettivi più immediati. La coscienza del mondo civile
concepisce oggi la giustizia, elevata peraltro dalla dottrina cristiana ad una
delle quattro virtù cardinali, come la scelta e la volontà di riconoscere
e rispettare il diritto dei singoli uomini e delle comunità mediante
l’attribuzione di quanto è ad essi riconosciuto e dovuto secondo la ragione e
la morale.
Ma
la giustizia è anche, su di un piano normativo, la conformità dei
comportamenti dei cittadini e degli stati al diritto interno ed a quello
internazionale, codificato o consuetudinario. Ed è infine, in una ottica
specificatamente punitiva, il potere di giudicare secondo legge ed equità e di
infliggere sanzioni da parte di organi imparziali e sereni. Ora, come si pone la
“giustizia infinita” di Bush rispetto ai tre indicati livelli (morale,
giuridico e punitivo) di una Giustizia che per la sua natura deve essere sempre
super partes e che non può essere “infinita” (in termini di valore lo è,
per i credenti, solo quella di Dio) per non degenerare in un arbitrio dovuto
all’assenza di regole, limiti e confini?
Ed
ancora: quali devono essere gli strumenti per assicurare alla giustizia i
responsabili dei terribili atti terroristici? Saranno rispettati gli statuti dei
singoli stati ed il diritto e le convenzioni internazionali in materia di
delitti contro l’umanità e di conflitti bellici? Saranno gli organi di
giustizia internazionale quelli chiamati a giudicare sulla validità delle prove
ai fini della incriminazione, prima, e della condanna, poi, delle persone
indiziate degli atti di terrorismo? Saranno questi organi a decidere in merito
alle responsabilità di soggetti di diritto internazionale per il loro eventuale
coinvolgimento, diretto o indiretto, negli attentati.
Questi
interrogativi, si sa, fanno storcere il naso e, forse, mandano in bestia quanti
stanno vivendo una specie di truce passione per la guerra che, rompendo ogni
argine di ragionevolezza e di prudenza, emerge incredibilmente anche su bocche
di solito traboccanti di parole in difesa della vita e, soprattutto, della vita
nascente. Ma i fatti sono argomenti testardi ed insegnano che il terrorismo va
combattuto non solo sul piano repressivo ma anche su quello della rimozione
delle cause politiche e sociali che rendono fertile il terreno di degrado e di
miseria sul quale il nefando fenomeno attecchisce. E la storia ed il buon senso
insegnano anche che la repressione dei gravi fenomeni di criminalità e di
terrorismo non può mai giustificare la sospensione del diritto,
l’indebolimento dei diritti e l’ “affievolimento” della democrazia: una
sospensione che in questa congiuntura storica, rapportandosi al carattere
“infinito” della operazione di “giustizia”, potrebbe diventare
anch’essa “infinita” e sostanzialmente coincidente con la cancellazione di
conquiste di civiltà che si ritenevano per sempre acquisite.
La
speranza è che le forze disarmate della giustizia e della pace abbiano ancora
qualcosa da dire per fermare un vortice di violenze che può spostare indietro
le lancette sull’orologio della storia.
Brindisi,
20 settembre 2001