Bruno
Luverà é un giornalista del Tg1, era a Genova lo scorso
anno e ha pubblicato ora un buon libro ("La
trappola", Editori Riuniti) sulla trappola, appunto, in
cui si cercò di far cadere la gente che era andata a
contestare i G8 e, in generale, sul movimento. Presentando
il libro, l'altra sera a Roma, Luverà ha detto, a proposito
della "crisi del movimento": "Se non sbaglio,
é la terza volta che lo si dà per morto: subito dopo
Genova, quando lo si presentava come una accozzaglia di
teppisti; dopo l'11 settembre, quando l'insorgere del
terrorismo avrebbe dovuto annichilirlo; e ora, con il
prepotente ritorno sulla scena del sindacato e le
discussioni tra le diverse anime del movimento". Se
cito Luverà é perché si tratta di un osservatore onesto,
che non parla per ragioni di parte. Se ne dedurrebbe che il
"movimento dei movimenti", o più in generale
l'ondata di consapevolezza dell'insopportabilità del
governo neoliberista del mondo, é come quel cavaliere
"che andava combattendo ed era morto". Quel che si
nota, infatti, non é solo che manifestazioni, assemblee,
sit in e altre forme di protesta sono, città per città,
moltiplicate, ma che la preoccupazione di questa presenza,
presentata in genere con l'etichetta "no global",
viene a galla dove meno ce lo si aspetta. Le sfilate di moda
a Parigi? L'uomo della prossima stagione é "nomade e
no global", scrive la Repubblica. Sull'inserto economia
del Corriere della Sera di lunedì si dedicano tre pagine
per smontare gli allarmi del Wwf sull'"impronta
ecologica" ormai soffocante, per il pianeta, e
Geminello Alvi, raffinato intellettuale, rimprovera
all'associazione ambientalista di fomentare, così, le
"isterie no global". E così via. Segnali che, a
modo loro, i media e l'opinione ufficiale sono contagiati
dall'epidemia, se ne preoccupano assai. Su Genova, ad
esempio, sono stati pubblicati forse una ventina di libri,
dall'anno scorso. Sono usciti ormai moltissimi film (un paio
dei quali diffusi dall'Espresso). Centinaia di canzoni.
Migliaia di testimonianze e dibattiti e incontri pubblici. E
innumerevoli articoli su giornali di ogni tipo. Fino al
Libro Bianco del Genoa social forum (cartaceo e cd-rom) ora
in edicola con Carta, il manifesto, Liberazione e l'Unità.
E' un passato che non passa, perché, come nella concezione
maya, il tempo é circolare e il passato, e le persone del
passato, sono sempre tra noi. E non si tratta di nostalgia,
bensì del problema rimasto irrisolto del rapporto tra lo
stato (e i suoi uomini in uniforme) e i cittadini, in una
parola la democrazia. Inoltre, come dicono bene i Wu Ming in
una ampia intervista che comparirà nel prossimo numero di
Carta settimanale, attorno a Genova é stata collettivamente
elaborata una narrazione, un "mito" fondante di
quella "comunità aperta" che é il
"movimento dei movimenti": é la produzione di
senso, é il sentimento di appartenere culturalmente e
personalmente a un ambito, é la base di ogni trasformazione
delle società umane. Perciò questi giorni a Genova sono
così importanti, e Carta vi ha dedicato due copertine di
seguito (la prima, con l'"Invito" di Haidi
Giuliani e la seconda, la prossima, che vedrete quando uscirà):
perché non si tratta solo di smentire la "crisi",
mostrando i muscoli e facendo un corteo il più massiccio
possibile: non si tratta di dimostrare niente a nessuno.
Anche perché il vizio di raccontare il movimento come un
partito, con le sue correnti, scissioni, divisioni,
segreterie e leader, i media non lo perderanno certo: perché
é più comodo e perché la loro cultura si ferma lì, nella
gran parte dei casi. Si tratta, invece, di confermare il
senso profondo dello slogan che era sullo striscione che
precedeva, sabato 21 luglio del 2001, trecentomila persone:
"Voi G8 noi 6.000.000.000". Che ha significato, in
questo anno così terribile, prendersi la responsabilità di
parlare anche a nome di coloro che non hanno voce, nel
nostro paese e nel mondo. E una conseguenza di questa
responsabilità é che, come appunto dicono i Wu Ming,
questa comunità é aperta, e se qualcuno vuole fare un
corteo lo fa, se qualcuno vuole incontrare i poliziotti per
discutere della Diaz lo fa, e se qualcun altro vuole pregare
il suo Dio lo fa, e gli eccetera potrebbero essere
centinaia. Ci vediamo a Genova.
di Pierluigi
Sullo da Carta
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